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Sindacato Nuovo, Luglio 2021. La sfida della transizione ecologica, il caso del distretto di Gubbio. Di Gianni Fiorucci, segretario regionale Umbria, Dipartimento Ambiente e Territorio.

Ridurre le emissioni climalteranti del 55 % entro il 2030 fino ad arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050 è l’impegno assunto, a livello globale ed europeo, per contrastare i cambiamenti climatici, da rispettare perentoriamente per evitare di oltrepassare la soglia di non ritorno che comprometterebbe per sempre il futuro delle nuove generazioni. 

Il Settore del cemento è uno dei settori che impatta di più in termini di emissioni CO2 (8% delle emissioni nel mondo, se fosse un paese si collocherebbe dopo Cina e Stati Uniti), non solo perché nel processo produttivo è prevista la combustione nel forno di cottura (40% di emissioni), ma anche perché lo stesso processo prevede la decarbonatazione del calcare necessaria per realizzare Clinker con conseguente rilascio di ulteriore anidride carbonica (60 % di emissioni).

Per il periodo 2021 – 2025, il REGOLAMENTO di ESECUZIONE 2021/447 della COMMISSIONE EUROPEA del 12 marzo 2021 assegna ad ogni stabilimento 0,693 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di Clinker grigio prodotta, superando le assegnazioni precedenti che garantivano il 100% di quote assegnate ad ogni stabilimento che riusciva a superare il 51% di produzione nell’anno precedente. Questo valore benchmark per il quinquennio è stato individuato dalla media del 10% degli impianti più virtuosi in Europa, tutti situati al Nord, che sono tali grazie alla capacità di sostituire combustibile fossile con biomasse, grazie al quale la quota prodotta con lo stesso combustibile è fuori dalla contabilità delle emissioni, perché considerata utile ai fini del “recupero” di materie seconde (rifiuti).

In questo schema le aziende spingono per avere autorizzazioni immediate a sostituire combustibile con CSS. Per realizzare un progetto generale di riconversione ecologica sarebbe utile individuare un caso sperimentale che possa divenire modello nazionale degno di attenzione, alla pari dei progetti che stanno realizzando in altri paesi del Nord Europa, dove le nuove tecnologie per rendere la cementeria carbon neutral stanno diventando realtà.

Dalla cattura della CO2, alla elettrificazione del processo con il supporto di parchi ad energie rinnovabili, alla riduzione del rapporto Clinker/cemento con nuovi materiali, oppure un mix di strategie, sono basi da cui partire. 

In questo contesto è sicuramente possibile offrire la possibilità di sostituzione di combustibile alle aziende con CSS-C come risposta alle esigenze immediate, in cambio di una disponibilità ad investire SUBITO in miglioramento delle performance ambientali e sperimentare modelli per il FUTURO.

È evidente come questa opportunità parli anche alle esigenze del territorio per risolvere in parte il problema dei rifiuti, conseguendo un altro obiettivo europeo, la riduzione del conferimento in discarica per un massimo del 10 % senza creare nuovi inceneritori che aggiungerebbero nuovo impatto ambientale.

Gubbio può essere il territorio giusto da candidare per creare questo modello. La peculiarità che rende questa città un caso unico in Italia è la dimensione del settore cemento.

Oltre 1.500 lavoratori diretti e indiretti (27 % del PIL), grazie alla presenza di due impianti industriali a ciclo completo per la produzione, due sedi amministrative dei rispettivi gruppi imprenditoriali, Barbetti e Colacem ed altre piccole imprese innovative di materiali leganti da costruzione. Un vero e proprio Distretto, al quale occorrerebbe dedicare una politica industriale adeguata.

Il settore del cemento di Gubbio è divenuto un “caso nazionale” per lo scontro tra aziende che chiedono la sostituzione di combustibile PeteCoke con CSS-C per i problemi sopra descritti ed l’amministrazione comunale fiancheggiata da alcuni comitati ambientalisti No CSS che si sono battuti ed hanno ottenuto il rinvio di tale autorizzazione a Valutazione di Impatto Ambientale (procedimento che mediamente dura 2 anni).

È chiaro che il problema delle quote CO2 non può attendere tanto e va risolto subito con un positivo rapporto con il territorio. Tra l’altro i due stabilimenti eugubini hanno resistito alla riorganizzazione del settore perché esprimono già una buona qualità tecnologica e sono situati in zona strategica, per questo avrebbero grandi prospettive da un punto di vista di mercato.

Il modello di riconversione del Distretto del cemento di Gubbio potrebbe inoltre rappresentare un caso di interesse nazionale per spingere l’intero settore al cambiamento ed anche un esempio positivo di intervento di sviluppo nelle aree interne.

La Giunta regionale dell’Umbria purtroppo questa opportunità non la vede ed il sindacato confederale si è mobilitato e continuerà a farlo per cambiare le proposte avanzate dalla stessa Giunta sul PRRR umbro, proposte che contengono tante strade, parcheggi e fantomatici distretti creati dal nulla, ma nessuna attenzione ai distretti già presenti (Cemento a Gubbio).

Dall’altra abbiamo un’amministrazione comunale poco coraggiosa nell’affrontare il problema, sia perché non ha mai sfidato le imprese agli investimenti, sia perché non è stata in grado di coinvolgere le parti sociali, le associazioni ed i cittadini in un confronto sereno, aperto e trasparente sul merito.

Occorre abbandonare le logiche populiste e demagogiche attente ai consensi e agli umori di pancia, per favorire una vera e propria progettualità politica che attraverso la partecipazione e le competenze sia in grado di ricercare risposte adeguate a problemi complessi.

La risposta adeguata può essere la creazione di un Progetto di Distretto del Cemento Verde a Gubbio sfruttando le opportunità delle risorse europee, nell’ambito del quale siano attivi: un centro di Ricerca tecnologica con l’Università e tavoli permanenti di confronto tra le parti per favorire partecipazione, corretta informazione e concertazione per l’assunzione di impegni reciproci.

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