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Sindacato Nuovo, febbraio 2022. L'editoriale del segretario generale Alessandro Genovesi, per un numero monografico interamente dedicato alla Assemblea di Organizzazione Nazionale della Fillea. 

Questo numero monografico di SN è dedicato all’Assemblea di Organizzazione della Fillea Cgil nazionale svoltasi il 20 e 21 Gennaio 2022, e riporta ampli stralci del documento conclusivo votato, insieme ai diversi emendamenti, all’unanimità.

Un punto di sintesi delle tante assemblee fatte nei territori, con la partecipazione di alcune migliaia di compagne e compagni, delegati, militanti (nell’edilizia le RSU sono strutturalmente poche rispetto ai c.d. “impianti fissi”), funzionari e dirigenti che hanno arricchito le proposte di modifica e integrazione delle schede partendo dal loro vissuto e dalle battaglie che, con coerenza, la Fillea prova a portare avanti tutti i giorni, “fabbrica per fabbrica, cantiere per cantiere”. 

Consapevoli tutti che questi appuntamenti sono “interni” fino ad un certo punto, quando a discutere è una grande organizzazione di massa in un momento, per di più, caratterizzato da un contesto oggettivamente complicato. 

Complicato per questa maledetta Pandemia che accelera processi e trasformazioni, per la più grande occasione di rilancio degli investimenti pubblici (PNRR ma non solo), perché la competizione globale sempre di più passa per il governo, anche sindacale e contrattuale, della transizione energetica, dell’esplosione della capacità di calcolo, del rendere i nostri territori “ambienti aperti all’innovazione e più competitivi” (una volta l’avremmo chiamata la “produttività di sistema”, con riferimento alle infrastrutture e ai costi logistici, alla capacità di investimenti privati in ricerca ed innovazione, in qualifiche professionali e formazione, in welfare locale, ecc.). In un quadro politico istituzionale in forte movimento e dagli esiti non scontati, come ha dimostrato la rielezione del Presidente Mattarella dopo giorni di tensione.

E proprio sul ruolo del sindacato nei posti di lavoro e nel territorio, sulla contrattazione collettiva nazionale e di secondo livello, su nuovi (e vecchi) strumenti per dare rappresentanza a chi oggi non ce l’ha (la bilateralità ma non solo), sulla qualificazione di impresa, sulla valorizzazione delle differenze e delle complessità, si concentrano le riflessioni della categoria. Secondo un binomio: un lavoro migliore produce un’impresa e un modello di sviluppo migliori (e viceversa). Dove per “migliori” intendiamo più giusti, con più diritti e più capacità, delle lavoratrici e lavoratori, di essere – attraverso quello che fanno – protagonisti della loro vita e del destino collettivo di un Paese. 

Perché se è giusto partire dal fatto che una crescita economica “quantitativa” va bene – potremmo dire sia “precondizione” – se essa non produce anche qualità, che vuol dire “più occupazione, più stabile, meglio pagata e più sicura”, vuol dire che è una “crescita ingiusta”. 

Insomma è giusto porre al Governo il tema della partecipazione dei lavoratori e della redistribuzione delle risorse (fisco e servizi pubblici, il famoso “salario indiretto”); è fondamentale porre il tema di una politica industriale a medio termine, anche con un ruolo più forte della programmazione pubblica, così come di una riforma delle pensioni (noi della Fillea ne sappiamo qualcosa) che superi le rigidità e ingiustizie della riforma Fornero.

Ma è altrettanto fondamentale, per un grande sindacato generale, porre alle nostre controparti naturali - attraverso la contrattazione e le vertenze collettive - il tema di quali investimenti, quale stabilità del lavoro, quale organizzazione e redistribuzione attraverso salario e migliori tutele, quale modello di impresa.

A coloro che ci vogliono sudditi e non cittadini nei luoghi di lavoro che sono i datori di lavoro, i padroni. Perché se oggi il Pil cresce, ma non crescono i salari, gli investimenti in formazione, l’occupazione stabile, sono le imprese – queste imprese – che producono tali ingiustizie. 

Sapendo distinguere tra imprese e imprese e anzi “alleandoci” con chi vuole competere sulla sostenibilità e qualità (dei materiali prodotti, delle tecniche costruttive, del lavoro e dei suoi saperi) e contrastando le altre, facendo “avanzare” (quel tanto o poco che i rapporti di forza possono produrre, purché la direzione sia giusta) tutti i diversi soggetti economici.

Del resto di fronte alla crisi della rappresentanza collettiva (che è crisi della rappresentanza politica, ma anche di quella sociale altrimenti non faremmo la discussione su come riorganizzarci) è nostro interesse che la democrazia si rafforzi, che le sue espressioni politiche, partitiche, istituzionali oltre che sociali si rafforzino. Facendo bene “alla sinistra, facendo bene la contrattazione collettiva, portando avanti grandi vertenze generali” come ricordava Bruno Trentin. Perché alla fine una rappresentanza dei lavoratori che cambia il come e cosa si produce, cambia il mondo (tanto, potremmo dire marxianamente), perché incide sulle strutture economiche e sociali e quindi sulle “sovrastrutture” politiche. 

Sono i più deboli coloro che hanno bisogno della democrazia e delle regole condivise, non certo i più forti.

La Fillea con le sue riflessioni, la sua storia, la sua pratica, gli avanzamenti ottenuti (e anche quelli ancora da ottenere), le sue vittorie e le sue sconfitte vuole contribuire alle riflessioni e alle decisioni della Cgil con questo spirito. Del resto, nel bene e nel male, è da 136 anni che ci proviamo.  

Alessandro Genovesi 
Segretario generale Fillea Cgil

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