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Sindacato Nuovo, maggio 2022. Centotrentasei anni ben portati. L'editoriale di Alessandro Geovesi del nuovo numero della rivista Fillea. 

Centotrentasei anni ben portati. Quest’anno (tra giugno e luglio) la FILLEA CGIL festeggerà i suoi primi 136 anni con una serie di iniziative di riflessione sul passato, ma anche e soprattutto sull’oggi e sul domani, con compagne, compagni, amici ed interlocutori esterni che ci aiuteranno nelle nostre elaborazioni.

Sapendo che il mondo è cambiato (e cambia sempre più velocemente), che tecnologia, transizione ecologica, migrazioni e transizione demografica hanno cambiato le mappe fisiche, produttive e sociali delle nostre città. 

Dentro questo gorgo il Mondo ed il Paese sono già “altrove” e con esse (più o meno) il movimento dei lavoratori, nel tentativo di reagire ad una crisi di rappresentanza forte, tenendo insieme battaglie storiche (il rispetto delle leggi e contratti, la lotta agli infortuni, la difesa dei salari e dei diritti) e nuove frontiere (la qualificazione professionale, il cambio dell’organizzazione, dei materiali, delle tecniche, la partecipazione in azienda e sul territorio).

Senza mai rinunciare ad essere “soggetto generale” che, attraverso il lavoro che c’è (e va difeso e cambiato) e che manca (il lavoro che va creato, più stabile e sicuro) e che dobbiamo re inventare ogni giorno, punta a cambiare il mondo, poco a poco, ma con determinazione.

Si, cambiare il mondo: quel mondo (e quell’Unione Europea) usciti dalla pandemia e che vogliamo imparino dai propri errori, superando egoismi sociali, ingiustizie, razzismo e nazionalismo, riscoprendo la programmazione ed il ruolo del pubblico, delle tutele collettive, del welfare, della cooperazione internazionale. 

Quel mondo dove la guerra è rimasta costante comune nelle relazioni internazionali e che, oggi, ci piomba nei salotti di casa con la barbara invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Una guerra che rilancia (o dovrebbe rilanciare) l’azione politica dell’Europa e dell’Italia, di chi vuole costruire ponti e non alzare muri. 

E allora sembrano attuali le parole d’ordine di più di 100 anni fa, della solidarietà internazionale dei lavoratori, del canto proletario “nostra patria è mondo intero”, della fame e della paura da combattere e che hanno accompagnato la presa di coscienza dei lavoratori in ogni parte del mondo. 

Come sanno bene i vecchi migranti italiani, dispersi dalla fame e dalle guerre, andati a costruire grattacieli e gallerie in ogni parte del pianeta, invocando un “Cristo fra i muratori” (per citare il romanzo di Pietro Di Donato), spesso silente alle preghiere dei più poveri.

E un filo rosso sembra legare le battaglie passate a quelle attuali. 

Battaglie per dare strumenti collettivi a ciò che ricatto, tecnologia, precarietà individualizzano (le nostre casse edili, si vedano i rinnovi dei CCNL del marzo 2022, con la battaglia contro il sotto inquadramento). Battaglie per sconfiggere il ricatto del sub appalto (difesa della parità di trattamento ottenuta nel DL. 77/2021 e rimessa tra i principi della legge delega sulla riforma del Codice Appalti al Senato) o della concorrenza sleale (DURC di Congruità, subordinazione dal 27 maggio prossimo di tutti gli incentivi per ristrutturazioni, 110% ecc. all’applicazione dei CCNL edili). Battaglie per il rispetto degli orari di lavoro, per l’inclusione dei lavoratori migranti, per la messa in sicurezza di fabbriche e cantieri.

Battaglie per fare della formazione e del riconoscimento dei propri saperi una tutela in più per chi lavora, per chi, non ricco di famiglia, può contare solo sulle proprie mani e la propria testa. 

Battaglie per il rinnovo del CCNL del Cemento, con il riconoscimento di richieste storiche (turno diurno) e battaglie contro le invasioni di campo (per noi la “questione dei restauratori” non è chiusa).

Battaglie che rimandano ieri come oggi a quale idea e quale rapporto con le imprese (quale modello di capitalismo vogliamo, se basato sulla qualità o sullo sfruttamento), con la rappresentanza politica, con le formule con cui il sociale si organizza nel territorio (l’Associazione Nuove Ri-Generazioni pone il tema della riqualificazione fisica e sociale delle città come grande occasione per creare lavoro, per rispondere ai bisogni dei cittadini secondo intuizioni che non erano tanto diverse da quelle alla base della nascita delle prime cooperative edili, volute fortemente da Felice Quaglino il primo Segretario Generale della Federazione Italiana Arti Edili, la nonna della FILLEA). 

Perché chi vuole un lavoro sicuro, un lavoro che “libera”, un lavoro che crea legalità, vuole un mondo migliore per tutti e tutte, italiani e migranti nel nostro Paese, cittadini di ogni dove. Il lavoro allora come primo strumento di pace e di libertà. Primo strumento per invocare non una nuova economia di guerra, con i sacrifici fatti dai più poveri e la speculazione a vantaggio dei più ricchi, ma una nuova “economia della pace”. Che oggi vuol dire un’economia che accelera su riconversione ambientale e rigenerazione, produzione energetica da fonti rinnovabili ed economia circolare. Che assume la sobrietà e non lo sperpero consumistico, che valorizza le reti sociali, la qualità del vivere, la riappropriazione di spazi, linguaggi, voglia di bello, per ognuno di noi. 

Obiettivi che per un sindacato come la FILLEA e la CGIL, devono essere praticati con gli strumenti di una nuova contrattazione collettiva, nazionale e di secondo livello, con la capacità di organizzare vertenze, con l’azione politica a tutto tondo nei posti di lavoro e nei territori. 

Assumendo l’unità d’azione sindacale come obiettivo da praticare sempre, la ricerca delle alleanze come condizione naturale, lo sperimentare forme nuove di azione e partecipazione come la costante nei “tempi di passaggio” quali quelli che stiamo vivendo, tra trasformazioni strutturali del come e cosa produrre, ripresa degli investimenti pubblici (PNRR e non solo), ritorno all’alta inflazione e scarsa crescita (la c.d. “stagflazione”).

In questo numero di SN vi è un po' la fotografia di tutto questo: la consapevolezza che sempre di più la dimensione internazionale è la dimensione dell’azione politica e sindacale quotidiana, l’importanza e la coerenza politica nei rinnovi contrattuali nazionali (ma anche territoriali o aziendali), l’azione politica di pressione e mobilitazione verso il Parlamento ed il Governo (nonché verso gli enti locali: importanti accordi sono stati fatti in queste settimane da Torino a Roma, da Lecce a Palermo, ecc.) e al contempo la ricerca e attualizzazione della nostra storia, che è storia di lavoratrici e lavoratori del legno e del cemento, delle cave e fornaci, di operai, tecnici ed impiegati edili. 

Storia di lavoratori e lavoratrici, ma anche storia di migrazioni, di città che nei secoli hanno cambiato volto e funzioni. Storia del Paese, di quello vero, di quello che scoprendo di avere una propria funzione e coscienza ha deciso di non essere più soggetto passivo della storia.

E allora cambiano i nomi delle persone e delle città, cambiamo i colori degli occhi o della pelle, cambiano le lingue ed i gesti, le tecnologie ed i saperi ma non cambia (e nostro compito è sapere fare bene il nostro mestiere di “organizzatori sociali”) la voglia di giustizia, la voglia di uguaglianza. Non cambia il dilemma di fondo: o chi ha paura, ha bisogno, ha aspettative trova in una cultura politica democratica e progressista gli strumenti per la propria liberazione collettiva, oppure finirà a fare la “guardia del corpo” dei più ricchi, di chi lo ha reso più debole e troverà nell’altro sfruttato, nell’altro precario, nel migrante, il proprio nemico. 

In questo vi è tutto il senso di quanto stiamo provando a fare. In tutto questo vi è l’essenza di ciò che siamo stati e di ciò dobbiamo continuare ad essere. 

Buon compleanno FILLEA CGIL.

Alessandro Genovesi 
Segretario generale Fillea Cgil

 

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