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Sindacato Nuovo, Settembre 2022. Mai come oggi non solo dobbiamo difendere quanto conquistato, ma avanzare sempre di più: l'editoriale di Alessandro Genovesi, a pochi giorni dalle elezioni politiche.               

Noi siamo quello che facciamo tutti i giorni, negli uffici, nelle fabbriche e cantieri, per mantenere saldi i nostri valori di giustizia, libertà, emancipazione e per renderli “sostanza concreta”, risposta ai bisogni delle donne e uomini che rappresentiamo.  Questa potrebbe essere, in sintesi, la cifra dei nostri “primi 136 anni”.
Un sindacato, la Fillea Cgil, confederale per definizione che, con gli strumenti della contrattazione collettiva e con la lotta se necessario, porta avanti il principio per cui i cambiamenti vanno governati e non subiti. Orientati e non imposti.
Mai come oggi non solo dobbiamo difendere quanto conquistato, dare concretezza ai risultati raggiunti (dal modello salariale nel legno, al Durc di congruità, alla lotta al sotto inquadramento, alla parità di trattamento nei sub appalti, ai protocolli di legalità, ecc.) ma avanzare sempre di più, passo dopo passo, nella direzione di un modello di impresa che metta al centro l’innovazione, la qualità del lavoro, la formazione, la salute. Mettendo idee e conoscenze al servizio di uno sviluppo basato su più sostenibilità ambientale e sociale, una produzione diversa, un’idea di città che riduca disuguaglianze ed emarginazione.  
E - tra crisi geo politica (guerra in Ucraina e relative sanzioni, ma anche tensione crescente con Cina e India), modifica delle catene di valore (oltre il tema dell’accesso alle materie prime) con intere produzioni che si riorganizzano (chi riporta in patria produzioni delocalizzate, chi investe di più sull’economia circolare), alta inflazione (per l’Istat + 10%) - diviene ancora più fondamentale non smarrire la nostra vocazione di grande forza al servizio degli interessi generali. 
Diviene ancora più importante l’azione del Governo, attuale ma soprattutto quello che uscirà dalle urne il prossimo 25 settembre. 
Rispetto alla collocazione in Europa (alcuni nodi dall’energia alle politiche industriali o si affrontano in una dimensione continentale o come Italia rischiamo di essere il classico “vaso di coccio tra vasi di ferro”), alla messa a terra del PNRR, migliorando la partecipazione di forze sociali, enti locali e la macchina amministrativa nonché - nel caso delle Opere Pubbliche - confermando gli accordi sottoscritti (dal 2020 ad oggi come Fillea Cgil con Mims, Provveditorati, Anas, RFI, commissari, ecc. abbiamo conquistato spazi di azione importanti). 
Non sarà infatti indifferente se al Governo vi andranno forze politiche che hanno teorizzato il superamento del Codice degli Appalti (vi ricordate il decreto “sblocca cantieri” dalla Fillea Cgil ribattezzato “sblocca porcate”?) per cui le tutele dei lavoratori, le procedure antimafia, la responsabilità in solido sono tutti “freni allo sviluppo”, o quelle forze che hanno introdotto il principio “stesso lavoro, stesso contratto” nei sub appalti o attuato il Durc di Congruità o vincolato l’accesso ai vari bonus al rispetto dei CCNL edili. 
Non sarà indifferente se al Governo vi andranno coloro che, proponendo la “Flat Tax”, rovesceranno il principio della progressività fiscale (per cui chi ha di più pagherà di fatto quanto chi ha di meno), producendo un danno a chi le tasse le paga tutte e veramente (lavoratori dipendenti e pensionati) e riducendo le entrate dello Stato; che vuol dire meno risorse per gli ammortizzatori sociali, per la scuola, i trasporti e la sanità pubblica (tanto chi ha i soldi non ne ha bisogno).
Non sarà indifferente se tutte le politiche per la rigenerazione urbana, per il recupero del costruito, per la manutenzione del territorio verranno cestinate, per tornare ad un aumento selvaggio della cementificazione (del resto se si teorizza che non vi è una questione ambientale, che i cambiamenti climatici non esistono, perché accelerare su una riconversione delle città e delle imprese?).
E quindi, non sarà indifferente neanche il ruolo che verrà riconosciuto alle forze sociali, perché chi teorizza la semplificazione democratica, il Presidenzialismo senza contro poteri, esprime un’idea di società dove vi è poco spazio per il confronto, la diversità di opinioni, lo sforzo di una sintesi.
Tutto questo per dire cosa? Che il Governo Draghi era il migliore governo possibile? Certo che no. Era un governo di unità nazionale e a scopo (superare la Pandemia, stabilizzare i rapporti internazionali, attuare le riforme necessarie a tradurre in pratica il PNRR). 
Tutto questo per dire che le forze che si dichiarano democratiche e progressiste non hanno nel tempo commesso errori, ceduto ad una visione liberista che non ha saputo affrontare fino in fondo questioni come la lotta alla precarietà, una più giusta riforma delle pensioni o il rilancio del welfare? O che positive anche se tardive siano oggi le dichiarazioni di chi si ripropone di fare come in Spagna sul mercato del lavoro, esplicitando una critica feroce (e meno male, dopo i danni che ha fatto!) al blairismo? 
Niente di tutto ciò, sia chiaro. 
Ma sia chiaro anche, al contempo, che la nostra autonomia come sindacato non vuol dire essere neutrali. Anzi, si tratta di giudicare le proposte delle forze politiche, con l’obiettività di vedere quali programmi esprimano -nel merito e per “visione” della società- punti più o meno vicini ai nostri. 
E allora se è così, dai temi dell’immigrazione a quello dei diritti civili, dai temi della lotta all’illegalità alla visione del mercato e del pubblico, dai temi dell’ambiente a quelli fiscali fino alla lotta alla povertà, dobbiamo dire che l’attuale proposta della destra è lontana anni luce dalle nostre proposte e dai nostri valori.
Si, anche valori. Perché ogni programma si basa su una visione della società. E ogni visione della società si basa su valori, etici, morali, economici e sociali. E noi siamo una parte di quel mondo che – come abbiamo ricordato festeggiando i nostri 136 anni – è a sinistra. 
Siamo nati socialisti e ci siamo poi abbeverati al pensiero di Gramsci e Gobetti, Turati, Quaglino e Salvemini, Di Vittorio e Lombardi fino a Lama, Berlinguer, Trentin, Cofferati. 
Noi siamo parte di un campo culturale e politico che crede ancora che vi siano la destra e la sinistra, che vi sia ancora la distinzione tra chi ricerca soluzioni individuali e chi invece collettive, che vi sia differenza tra chi dice che, se si è poveri, è colpa del povero e chi pensa che la povertà, il degrado, la solitudine non siano colpe ma dimensioni, figlie di processi economici, da cui uscire con più solidarietà e azione collettiva, pubblica e privata. Chi teorizza che è il profitto la cifra di tutto e chi l’essere umano, le sue passioni, la sua creatività. Chi distingue tra bianco e nero e chi distingue tra sfruttatori e sfruttati.
Noi siamo di sinistra e il punto non è tanto dire quale partito votare, ma quello di informare, far riflettere e discutere con “i nostri e le nostre” compagne e di avere il coraggio di dire che non è vero che “sono tutti uguali”, che non è vero che “tutti fanno schifo”. 
Per chi rappresentiamo l’interlocuzione con Salvini o Toninelli non è stata la stessa che con la De Micheli, Giovannini, Orlando. Che gli emendamenti fatti al Codice degli Appalti o alla legge quadro sulla rigenerazione urbana da parte di parlamentari di Forza Italia o della Lega o di Fratelli d’Italia, non sono stati uguali a quelli fatti da Fassina, Muroni, Braga, Cantone, Errani o Mirabelli, solo per citare deputati e senatori che hanno sostenuto le battaglie degli edili. Che gli accordi fatti in Emilia Romagna o nel Lazio, a Milano come a Torino, non sono figli del caso…
Anzi, mai come oggi tante e tali sono le differenze che queste vanno rese palesi, contro ogni forma di semplificazione, di populismo, di banalizzazione. 
Insomma si può parlare alla pancia e alle paure delle persone (è questa da sempre la forza di ogni reazionario) oppure parlare alla testa e al coraggio di lavoratori, pensionati, studenti, disoccupati, ma anche professionisti ed imprenditori seri (che per fortuna esistono).
Personalmente ritengo che si debba, con serietà e attenzione, fare la seconda scelta. Senza nascondere i problemi che abbiamo e che ci attendono (e non sono pochi), ma senza rinunciare mai alla propria “anima”.  Quel tanto o poco che come Fillea Cgil abbiamo realizzato è perché non abbiamo mai dimenticato da dove veniamo e che “parte del mondo” rappresentiamo. 
Vale per i pochi giorni da qui al 25 settembre, vale per il giorno dopo. 

Alessandro Genovesi – Segretario generale Fillea Cgil

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