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25.01.16 "Dal 2008 a oggi si è passati da 6.500 operai a 3.500 e 500 imprese in meno La Cgil: nessun segnale di ripresa, nell'ultimo anno lavoro in calo del 22%" E' il racconto del Corriere del Veneto di domenica 24 gennaio, che riporta i dati Fillea Friuli sulla crisi del settore ed intervista il segretario generale Emiiano Giareghi

 

L'articolo, di Cristian Rigo, prosegue:

 

"Nessuna ripresa. L`edilizia in Friuli continua a essere caratterizzata dal segno meno. Nell`ultimo anno il settore delle costruzioni ha perso altre 73 aziende e sono andati in fumo quasi 500 posti di lavoro. La crisi insomma non è ancora finita. E il confronto con il 2008, prima del crollo dell`economia mondiale, ha assunto proporzioni drammatiche: da un picco di 1.359 imprese siamo passati alle 792 realtà operative nell`ottobre 2015. In sette anni il saldo tra chi ha chiuso i battenti e chi ha avviato l`attività evidenzia una dimunzione di 567 aziende. I lavoratori sono quasi dimezzati: da 6.500 a poco più di 3.500 e lo stesso vale per le ore lavorate: da 800 mila scarse a poco più di 400 mila. E il trend non si è interrotto. Il volume delle ore lavorate è diminuito del 22% rispetto confrontando i dati di ottobre del 2014 e del 2015: da 535 mila ore dichiarate alla cassa edile a 415 mila.

Ecco perché la Cgil lancia l`allarme e invita i rappresentanti delle istituzioni «a non fare proclami e annunci».

Perché la verità - precisa il segretario della Fillea di Udine, Emiliano Giareghi - «è che non si intravede alcuna ripartenza. Si parla tanto di grandi cantieri che potrebbero dare una boccata d`ossigeno alla categoria, ma al momento è tutto fermo: dal palazzo ex Upi alla terza corsia o all`ospedale Cattinara di Trieste e al carcere di Pordenone: se ne parla da anni, ma di operai al lavoro neanche l`ombra».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La fotografia della crisi però non sono tanto i cantieri pensati, progettati e annunciati più volte ma nemmeno iniziati, quanto invece quelli rimasti incompiuti. Ce ne sono sparsi in tutta la provincia. Ville e appartamenti che si sono trasformati in fantasmi fatiscenti perché le ditte sono fallite prima di arrivare al traguardo. In molti casi, nel bel mezzo del cantiere sono state abbandonate anche le gru e gli altri mezzi di lavoro. Uno spreco nello spreco. Perché da quando non si sono visti più gli operaia quando gli immobili sono finiti all`asta sono passati anni. E le lottizzazioni che avrebbero dovuto cambiare in meglio il volto a un quartiere sono diventate il simbolo dell`Italia che si è fermata.

L`Associazione nazionale costruttori edili ha invitato la Regione e agli enti locali a farsi carico del problema risolvendo così anche l`emergenza casa, ma al momento l`appello è caduto nel vuoto. «Quello dei cantieri abbandonati - sottolinea Giareghi sta diventando un problema al pari delle ex caserme, un patrimonio edilizio lasciato a sé stesso che da risorsa finisce col diventare un costo per l`intera comunità».

Secondo una stima della Federazione italiana agenti immobiliari professionali (Fiaip) le case sfitte a Udine sono circa 3.800 una quota record destinta ad aumentare ancora. E il 40% non è in condizioni di avere degli ospiti. Tra ruderi, case fatiscenti e da ristrutturare quindi si arriva a più di 1.500 immobili.

«Puntare sul recupero è l`unica soluzione anche perché non ha senso "consumare" territorio e la Regione ha fatto bene a sostenere le ristrutturazioni ma non basta: da Tolmezzo a Lignano - conclude Giareghi - i cantieri operativi si contano sulle dita di una mano».

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