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04.07.13  "Le donne cambiano...": il racconto dell'assemblea di Roma nella cronaca di Sara Picardo per Rassegna Sindacale. Dal lavoro alla lotta contro la violenza, tante voci da tutta Italia. Lamonica: "Il cammino è iniziato bene, ma c'è ancora strada da fare". L'impegno a rivedersi ogni anno. Gli interventi di Mary Clemente della Natuzzi e di Mercedes Landolfi.

 

LE DONNE CAMBIANO..
di Sara Picardo


"Le donne cambiano...", l'assemblea delle delegate e dirigenti della Cgil, oggi (4 luglio) all'Auditorium di Roma, è iniziata con un impegno: rivedersi istituzionalmente ogni anno. "Non è un momento conclusivo questo – esordisce, introducendo i lavori davanti a una paltea strapiena che parla tutti gli accenti, Rossana Rosi, responsabile delle politiche di genere della Cgil – ma un inizio fatto di proposte". Dalle Rsu nei luoghi di lavoro in numero proporzionale alle presenze di genere, alla richiesta di un welfare pubblico di qualità con asili nido diffusi e assistenza agli anziani umanizzante.

Dalla lotta alla violenza contro le donne, che sottintende un lavoro culturale forte da fare e il rafforzamento dei centri contro la violenza sui territori, all'inclusione delle migranti nei percorsi di rivendicazione e inclusione. Proposte concrete che chiedono sintesi e continuità. Questa giornata viene dopo il primo incontro nazionale di giugno scorso, il seminario di dicembre su Europa, welfare e contrattazione e le assemblee nei territori e categorie.
 
Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, è la prima a parlare salutata da un applauso di tre minuti: "A distanza di un anno dall'inizio del nostro cammino come donne della Cgil siamo qui a fare un bilancio positivo. Certo, la partecipazione degli uomini non è estesa, significa che resta ancora strada da fare per imporre un'ottica di genere, come necessaria per interpretare il mondo, anche nell'azione sindacale, ma stiamo comunque in cammino. Il vero punto forte è la ripresa della relazione tra di noi, una relazione orizzontale, più matura e consapevole dell'importanza delle nostre proposte all'interno della Cgil. Per questo proponiamo di istituzionalizzare l'assemblea delle donne annualmente, come momento imprescindibile della nostra azione programmatica".

I riferimenti costanti della giornata sono alla catastrofe dell'ultimo periodo, in primo luogo l'occupazione a livelli bassissimi, le politiche di austerity, l'abbattimento del welfare, la disoccupazione dei giovani, il destino dei migranti. Il primo applauso, dopo pochi minuti dall'inizio dei lavori, lo strappa la solidarietà alle delegate della Indesit, che non sono potute venire a causa dell'impegno nella loro vertenza, che negli ultimi giorni ha toccato punte drammatiche. "C'è una grande contraddizione tra la stratificazione normativa in termini di diritto discriminatorio, che ha fatto delle politiche di pari opportunità un pilastro europeo, e le politiche di austerity che vanno in direzione contraria", spiega la sindacalista, "Il tasso di disoccupazione femminile italiano è secondo solo a Malta nell'Europa dei 27 e con grande divario tra Nord e Sud, che putroppo si sta omologando al ribasso". Poi c'è la precarietà: una ferita aperta nella vita di molte, ormai sta costrigendo all'emigrazione tante intelligenze e volontà. "La riduzione dei servizi da parte dello Stato ha instaurato una reazione a catena che pesa soprattutto sulle donne, su cui grava il peso della cura. Ne è un esempio il ricorso al part-time sempre più ampio", continua Lamonica. Al Nord, soprattutto, le donne scelgono sempre più spesso, per la riduzione dei servizi di assitenza pubblici, di smettere di lavorare: oltre il 20% di quelle occupate, al Sud sono il 15%.

Anche nelle relazioni di coppia e nella scelta della maternità si ripercuote il disagio della precarietà e dell'annullamento del welfare. "Bisogna per questo difendere il lavoro – sintetizza Lamonica - e più welfare significa più lavoro buono, soprattutto delle donne". Continuiamo a mantenere un welfare familistico fondato sulle donne o sulle migranti, spesso badanti in nero soggette alle terribili leggi sull'immigrazione. Un modello, questo, che non va più bene per una società che deve crescere. Poi viene la qualità, che nella cura è fondamentale: "Non vogliamo i bambini in un asilo se è in un sottoscala, così come non vogliamo gli anziani in casa di riposo".

Tra i tanti temi emerge anche quello della riforma delle pensioni che ha reso la vita delle donne ancora più difficile, schiacciate tra cura dei nipoti e degli anziani. Molte 60enni non riescono ormai più a respirare e sono costrette ad andare via dal lavoro. "Questa riforma ha preteso di fare parti uguali tra disuguali – afferma la segretaria – ma questo non ha senso nella nostra società dove le donne non hanno gli stessi diritti e carichi di lavoro. Per questo serve una flessibilità vera, che valorizzi la maternità e tenga conto dei momenti di interruzione per la cura e non penalizzi così tanto il part-time, che è sempre più un obbligo anziché una scelta. Questa deve essere la nostra proposta, da portare all'interno di ogni contrattazione". All'Italia, infatti, l'Istat attribuisce il 20% in meno di stipendio a parità di lavoro con un uomo e di conseguenza pensioni più misere.

Viene rilanciata un proposta alle parti imprenditoriali: che i congedi obbligatori di maternità non siano penalizzanti ai fini della retribuzione accessoria, come la produttività. Ci sono esperienze positive in giro, ma hanno bisogno di un nuovo impulso. Il secondo applauso che interrompe l'assemblea è di nuovo solidarietà: alle donne stuprate in queste ore a piazza Tahir, in Egitto. Il terzo è per il diritto ancora da conquistare di essere responsabili del proprio corpo, come dimostra l'aumento dei medici obiettori di coscienza, mal disposti nel pubblico e ben contenti nel privato. E come dimostrano i dati che vogliono, per una riduzione dei consultori pubblici, l'aumento di strutture private, soprattutto al Nord.

Mary Clemente, cassintegrata della Natuzzi di Taranto, apre il flusso dei racconti: "Fino al 2000 nella nostra provincia il lavoro si divideva in due categorie: da una parte il lavoro delle poche bene retribuite e scolarizzate, dall'altra il lavoro di molte nei campi soggetto a violenza e assenza dei diritti. Poi arriva la Natuzzi nel 2001 e così aumenta il lavoro, 900 donne impiegate nella sola Ginosa, aumenta il lavoro di baby sitter, colf, il rispetto e la dignità del lavoro. Avevamo il mondo ai nostri piedi. Poi le cose cambiano: comincia la cassa integrazione. Nel 2005 entra il sindacato, ma tutto è al maschile, solo delegati uomini che difficilmente ci facevano esprimere. Nel 2010 le prime due donne elette", racconta ancora la donna, "Ho dovuto lottare per far emergere il mio lavoro, per far capire che molti comportamenti non sono graditi e mi sono riuscita a guadagnare la fiducia di molte donne che mi raccontavano delle vessazioni subite, del ricatto di dover produrre sempre più per non essere mandate fuori, dei permessi per i figli non retribuiti... oggi le cose sono cambiate in peggio, purtroppo, 1.726 persone saranno messe in mobilità nei tre stabilimenti della Natuzzi che verranno chiusi". Le sue parole sono interrotte dal pianto, sembra che sia la platea intera a commuoversi. Siamo in tante, sembra dire, ora non vi lasciamo sole.

Poi viene il racconto di Giuliana Mesina, della Filcams nazionale, che non propone numeri ma guarda a quello che si fa e si può fare: "Se lo sfruttamento delle donne è legato alla differenza sessuale è su quella che bisogna incidere". Le sue parole sono forti e guardano come soluzione alla solidarietà, soprattutto al femminile, per superare la crisi economica e culturale. "Vogliamo il pane e le rose", incalza Mesina, "viviamo di relazioni sociali e per essere efficaci abbiamo bisogno di modificazioni culturali forti, non è un fatto naturale che le donne lavorino meno, e meno qualificate, e gli uomini sì".

"Sono fiera di essere una donna della Cgil – esordisce invece Anna Canzanella della Asl 1 di Napoli – ma il divario della differenza tra nord e sud rimane preoccupante: solo il 30% lavora nel Mezzogiorno. Eppure è da noi che si spende la quota più bassa per l'assistenza sociale. Mancano i servizi, gli asili nido, i consultori. Basti pensare che in Campania i medici obiettori sono più dell'80%, rendendo difficile l'applicabilità della legge 194 e ci sono asili nido tenuti in piedi solo da precarie". Anna racconta di lavoro a nero di ore per 10 euro, sfruttamento, solitudine. E voglia di riscatto. Spiega di delegate Cgil mandate via dai luoghi di lavoro, dimissioni in bianco sempre più frequenti, sanità private in mano a lobby affaristiche. E la lotta per contrastare questi fenomeni, basate sull'unione delle delegate e iscritte con associazioni del territorio nella redazione di un piattaforma di lavoro finale rilanciata l'8 marzo scorso.

A lei segue la richiesta di Nadia Cantini dello Spi alla Cgil: "Servono luoghi di lavoro autonomi delle donne. Siamo un sindacato che pratica la confederalità e vogliamo spazi che riguardino tutte le donne nelle diverse categorie, non vogliamo essere solo tra pensionate. Abbiamo formulato un documento di proposte di contrasto alla violenza contro le donne che richiede cose condivise: da una legge organica contro la violenza, all'assegnazione di beni confiscati alla mafia ai centri antiviolenza. Vogliamo reti, protocolli, tavoli interistituzionali e fondi per la presa in carico di donne e minori. Infine un lavoro di cura retribuito, come accade in paesi più avanzati".

Un'altra donna, un'altra storia. È Tiziana Ventura che apre alla discussione il mondo dei call center dove lavora, a Crotone, e il suo intervento racconta di una realtà conflittuale di donne che hanno paura di esigere i loro diritti: "Molte hanno il terrore di perdere il posto o di avere orari massacranti. Siamo riuscite con la lotta a ottenere l'esenzione dal lavoro notturno per le madri, ma il sostegno va dato alla famiglia e consistente in asili, consultori, uffici di supporto". Anna Salfi, invece, dell'Emilia Romagna presenta un Nord diverso da quello che ci saremmo aspettati fino a 10 anni fa: "La disoccupazione è al 12.6% come non accadeva dal 1976 e anche la ricostruzione del post sisma risente delle pastoie burocratiche e di stanziamenti insufficienti".

Anche alla Rai la situazione non è "rosea",  per usare un gioco di parole. Lo spiega Chiara Insegni, delegata Slc in Rai, che mostra come le donne autorevoli abbiano poche occasione di farsi sentire in televisione, mentre la rappresentazione al femminile è spesso affidata a modelli poco autorevoli. "Durante questa assemblea è stato sottolineato il basso tasso di natalità, ma purtotroppo rinunciare alla maternità se si vuole lavorare è un obbligo sofferto per molte. Su questo dobbiamo allargare il contagio".

Fulvia Colombini viene della segreteria Cgil Lombardia, quello che racconta è simile a tante altre donne provenienti da altre Regioni: "Questo per noi è il momento del fare, la crisi ha peggiorato la condizione di tutti, in Lombardia le donne prima della crisi lavoravano al 60% ora siamo al 57%, sebbene i dati mostrino come non abbiano smesso di studiare. Eppure per uscire da questa situazione proprio le donne devono lavorare: per ognuna di loro che è impiegata, infatti, si attivano ben 15 posti di lavoro nei servizi". Una reazione a catena, quindi, in positivo.

Come quella in cui spera Aouatif Mazigh, da Firenze. Si presenta alla platea con la testa velata rivendicando il suo diritto a essere se stessa e con il suo racconto coinvolge tutti, portando l'attenzione su un aspetto troppo spesso dimenticato: “Sono arrivata in Italia 24 anni fa, ed è qui che ho imparato a non aver paura. Ma mi sono sempre sentita diversa, perché le persone troppo spesso hanno guardato solo al mio aspetto facendomi sentire straniera nel mio Paese, l'Italia. E così accade a molti immigrati qui, anche se poi siamo noi a contribuire per l'11% al Pil. La gente ha bisogno di conoscere, per questo spesso giudica, quello che però voglio portare all'attenzione di tutte è il dramma che vivono molte donne immigrate, a cui vengono tolti i figli se il marito le lascia... serve sensibilizzazione e serve una legge che le tuteli. Mentre quello che domando io oggi a ogni donna e uomo straniero in Italia è: chi vuoi essere? Vittima o combattente?”

Una giornata piena di interventi, dunque: tante storie di lotte e di donne da tutta Italia che si incontrano. E così si costruisce una rete fatta di proposte e bilanci, che guarda già al prossimo appuntamento delle donne della Cgil.

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